BORSA del TURISMO DEL CENTRO  ITALIA – MULA

Enogastronomia

Tutto il centro Italia è caratterizzato da produzioni gastronomiche locali legate alla storia e alle attività degli uomini che qui hanno vissuto. Tali produzioni costituiscono oggi le materie prime d’eccellenza di una gastronomia che ha mantenuto gelosamente un rapporto autentico e vitale con il territorio. Essa racconta, distretto per distretto, storie di agricoltura e pastorizia di montagna, di sano ed intelligente utilizzo dei frutti ottenuti  dall’agricoltura o offerti dalla natura. Inoltre le quattro regioni si condizionano a vicenda ed è possibile trovare la stessa ricetta leggermente variata passando da una regione all’altra.

A cavallo tra Marche e Umbria, il Parco dei Sibillini è crocevia di antichissime tradizioni gastronomiche: la civiltà pastorale si unisce alla norcineria, l’arte della lavorazione delle carni di maiale (di cui l’Umbria è capitale indiscussa) e l’agricoltura resiste, con alcune produzioni simbolo, come la lenticchia di Castelluccio.

Sui Monti Sibillini si producono salumi straordinari – coppe di testa, lonze e capocolli, salami lardellati, prosciutti – ma la storia di questo territorio è prima di tutto quella della transumanza: il formaggio più importante è il pecorino, ma si trovano anche le ricotte (fresche o stagionate) e, in misura minore, caprini o misti. L’elenco delle ricchezze gastronomiche del parco non finisce qui: questo territorio incontaminato offre antiche varietà di mele, eccellenti produzioni di miele, tartufi, funghi (russole, boleti, amanite, finferli), castagne, ceci, cicerchie, trote (allevate nel torrente Nera), farine (di grano, di granoturco e di roveia), pane cotto nel forno a legna, biscotti e, per finire, i due tradizionali fine pasto: il Mistrà e il Vino cotto.

Lenticchia di Castelluccio

L’altipiano di Castelluccio è un immensa distesa di erba e fiori a 1400 metri di altitudine. Una parte del territorio, che si divide in Pian Grande, Pian Piccolo e Pian perduto, è coltivato da contadini specializzati nella produzione delle lenticchie, un legume antico che cresce senza difficoltà anche a quote elevate e non deve essere trattato chimicamente. Le lenticchie di Castelluccio sono piccole, di un colore variegato che va dal verde screziato al marroncino chiaro, molto tenere, saporite e non hanno bisogno di essere tenute in acqua ad ammorbidire prima della cottura. Ingredienti di svariate ricette locali, sono molto apprezzate perché non perdono la buccia e tengono straordinariamente la cottura.

Ciauscolo

Questo singolare “salame da spalmare” (detto ciavuscolo o ciabuscolo) è il salume più tipico delle Marche. La ricetta tradizionale prevede di confezionarlo con carni tratte dalla pancetta, dalle costate e dalla spalla e di aggiungere una consistente percentuale di lardo. Gli ingredienti conditi con sale, pepe, aglio finocchio, buccia di arancia grattugiata, vanno sminuzzati finemente e tritati, in modo da ottenere una pasta molto fine e omogenea. Il ciauscolo si fa asciugare appeso e si lascia poi in un luogo fresco e asciutto. Ne esistono più versioni: in particolare il ciavuscolo dell’Ascolano è un po’ più magro e compatto, mentre quello del maceratese è un po’ più morbido e grasso.

Formaggi

Tutta l’area di montagna e a ridosso della montagna stessa è ideale per la produzione dei formaggi di pecora. La tecnica di caseificazione è quella classica: al latte appena munto si aggiunge caglio di agnello o capretto. Una pratica antichissima della zona di Visso prevede l’aromatizzazione del latte prima della cagliatura con un mazzetto di erbe (timo o serpillo). Dopo la rottura della cagliata in grani molto fini, si procede ad una cottura ed alla pressatura a mano della pasta nelle fascere. Quindi inizia la stagionatura: in un primo periodo è frequentemente lavato con siero tiepido. Poi deve essere collocato in cantine fresche dove può essere lasciato   anche fino a due anni. Sono frequenti altri formaggi prodotti con latte vaccino, caprino o misti. Anche i formaggi freschi sono di ottima qualità, in particolare le ricotte che possono essere usate anche per farcire dolci  o per i ravioli.

 

Mele Rosa dei Sibillini

Le mele Rosa sono un’antica specie da sempre coltivata sui Monti Sibillini. Sono piccoline, irregolari, leggermente schiacciate e con un peduncolo cortissimo; il colore è verdognolo con sfumature che vanno dal dal rosa al rosso violaceo. La polpa è acidula e zuccherina, il profumo intenso e aromatico. La loro coltivazione era stata quasi completamente abbandonata: soltanto da qualche anno sono tornate in coltura. Un tempo erano preziose e ricercate percé si potevano conservare a lungo: raccolte nella prima decade di ottobre, infatti, si conservano perfettamente fino ad aprile.

 

Tartufo

Molti piatti locali sono accompagnati dal tartufo, sia bianco che nero. Particolarmente pregiato è  il “Tartufo Nero di Norcia e Spoleto”, riconoscibile da altre tipologie per la sua scorza nera rugosa e la polpa nero-violacea con venature bianche.  Ha una grandezza che varia da quella di una nocciola a quella di un’arancia e un profumo piacevole e delicato. Si raccoglie nelle vicinanze di querce, carpini, noccioli e lecci, tra  dicembre e  marzo. Sul versante ascolano è ricca la zona di Montemonaco, Smerillo, Amandola e Montefalcone. Nei boschi si trovano anche il bianco (raro e pregiato, si raccoglie tra ottobre e dicembre) e lo scorzone estivo (matura tra giugno e agosto).

Miele

A seconda del fiore da cui il nettare proviene il miele assume colorazione, caratteristiche, sapore e nomi diversi; per questo troviamo, nel territorio del centro Italia, miele di acacia, di castagno e di millefiori.

Per ottenere un miele di qualità sono elementi necessari un ambiente incontaminato ed abbondanti fioriture spontanee. Il miele è un po’ lo specchio di questo territorio, di cui rappresenta i vasti altipiani ricchi di leguminose foraggere e il clima dolce, nel periodo primavera-estate, che consente fioriture prolungate.

 

Olive all’ascolana

La città di Ascoli Piceno è anche conosciuta per questa famosa specialità gastronomica nata ad Ascoli Piceno e conosciuta ed apprezzata nel territorio italiano e anche all’estero. Le olive verdi in salamoia, farcite con un composto tenero a base di carne vengono generalmente servite a tavola assieme ad altri prodotti fritti.

La nascita della ricetta delle olive all’ascolana ripiene e fritte risale agli inizi del 1800. Secondo alcune ricerche storiche, al tempo, i cuochi che prestavano servizio presso le famiglie della locale nobiltà inventarono il ripieno delle olive per consumare le notevoli quantità e varietà di carni, provenienti dalle terre di proprietà, che avevano a disposizione.

 

Amatriciana

La tradizione gastronomica di Amatrice si fonda prevalentemente sul suo piatto simbolo: una ricetta dalle origini contadine a base di guanciale amatriciano e formaggio pecorino. Identificata ormai come primo piatto tipico anche della cucina romana e, in generale, laziale, è fra i piatti italiani più conosciuti e cucinati in assoluto.

Il sugo veniva preparato dai pastori con gli ingredienti a loro disposizione sulle montagne quando seguivano le greggi nel periodo della transumanza. Originariamente l’Amatriciana era bianca in quanto si usavano soltanto guanciale e pecorino, due ingredienti  prodotti dagli allevatori di Amatrice. Solo successivamente fu aggiunto il pomodoro.

La diffusione su scala nazionale del sugo all’Amatriciana si ebbe nell’Ottocento quando molti amatriciani emigrarono a Roma a causa della crisi della pastorizia e, trovando occupazione nella ristorazione, fecero conoscere il piatto dei loro avi. Il primo storico ristorante amatriciano di Roma risale al 1860 e si chiamava “Il Passetto”, poiché attraverso il ristorante si poteva passare dal Vicolo del  Passetto a Piazza Navona.

  

VINI E LIQUORI

Verdicchio

Il Verdicchio di Matelica è un vino a Denominazione di Origine Controllata (DOC) prodotto nei comuni di Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino, Pioraco in Provincia di Macerata, Cerreto d’Esi e Fabriano in provincia di Ancona. In questa area circoscritta si produce un vino bianco dal colore  intenso, molto versatile. Il Verdicchio di Matelica, infatti, per le sue caratteristiche, può essere abbinato a piatti complessi e strutturati di carni bianche e ai primi piatti con salse di carne o di pesce. È indicato anche l’abbinamento con salumi e formaggi, in particolare con il ciauscolo  e il pecorino di montagna fresco.

Rosso Piceno

È il vino rosso più diffuso nelle Marche e viene prodotto nella fascia collinare che va da Senigallia ad Ascoli Piceno. Si abbina bene con salumi, minestre, primi di carne, legumi, carni bollite ed arrosto ed anche cacciagione.

Pecorino

Questo vitigno bianco è autoctono marchigiano, diffuso soprattutto nel Piceno, ma anche in Abruzzo. Il suo nome curioso deriva dal fatto che le zone dove veniva coltivato erano dedite alla pastorizia. Riscoperto di recente, preferisce siti collinari freschi ed elevati. Permette abbinamenti perfetti con pesce e carni bianche, ma anche con i salumi tipici del territorio.

Passerina

Anche questo vitigno è stato rivalutato recentemente ed è diffuso nelle Marche, principalmnte nel Piceno, e in Abruzzo. Il grappolo presenta chicchi piuttosto piccoli che sono spesso beccati di passeri e da qui il nome Passerina. Si sposa bene con ricette a base di pesce. Esisteno anche le versioni Passito e Spumante.

 

Montepulciano d’Abruzzo

L’Abruzzo ha una certa rilevanza nella produzione di vini rossi e ha conosciuto negli ultimi anni una sostanziale crescita qualitativa.

Il protagonista indiscusso della viticoltura dell’Abruzzo è il montepulciano: qui esso trova le condizioni ideali per potersi esprimere ai più alti livelli. La provincia di Teramo include l’unica DOCG, Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, vino rosso da prevalenza di uve montepulciano. I vitigni a bacca bianca più coltivati sono trebbiano abruzzese, pecorino, bombino bianco, trebbiano toscano, manzoni bianco, malvasia di Candia, passerina e pignoletto. Nella regione sono diffusi anche molti vitigni autoctoni, quali chardonnay, pinot bianco e Pinot grigio, merlot, cabernet franc e cabernet sauvignon, pinot nero

Vino cotto

Il  vino cotto è un tipico prodotto delle Marche  e dell’Abruzzo. Viene prodotto nelle zone collinari e pedecollinari delle province di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Ancona ed è in particolare molto apprezzato quello di Loro Piceno.

Uguale denominazione ha il prodotto abruzzese, anch’esso uno dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani riconosciuti dal ministero. Come riportato anche nell‘ Inchiesta agraria Jacini il territorio teramano fu il primo a sperimentare questo nuovo tipo di vinificazione, e in tale opera viene sottolineata la grande fattura che tale prodotto assume con il trascorre degli anni.

 

Mistrà Varnelli

Nelle campagne marchigiane il Mistrà è un “ammazzacaffè” tradizionale, prodotto per distillazione alcolica e aromatizzazione, con anice verde – diffuso sui Sibillini – o con finocchio selvatico e frutta (mele, arance).

Veniva preparato in tutte le case contadine e veniva usato anche per i dolci. Il Mistrà Varnelli continua questa tradizione con una produzione che ha acquisito nel tempo grande importanza in ambito marchigiano diffondendosi poi anche  a livello nazionale. Si tratta di un anice secco speciale, un liquore che ha origini lontane e che deve la sua fortuna ad una speciale e segreta lavorazione dell’anice. Il Varnelli può considerarsi il miglior correttivo del caffè, liscio è anche un efficace digestivo non amaro ed è davvero speciale anche sul gelato o con acqua fredda, dissetante e aperitivo.

Anisetta Meletti

Il liquore, assolutamente naturale, deriva dalla distillazione in alambicco discontinuo di semi di anice e altre spezie aromatiche che esaltano la freschezza dell’anice verde mediterraneo ed è prodotto secondo l’originale ricetta creata nel lontano 1870 dal Cav. Silvio Meletti. La famiglia Meletti custodisce ancora oggi la ricetta originale di questa tipica specialità marchigiana di rinomanza mondiale

 

Vernaccia

La Vernaccia di Serrapetrona Docg è un vino spumante rosso molto raro e particolare che viene prodotto solo in un piccolo territorio circoscritto ad alcuni comuni della provincia di Macerata, nelle Marche. Il territorio interessato si trova tra i comuni di Serrapetrona, Belforte del Chienti e San Severino Marche.

Il vino, frutto delle uve di Vernaccia Nera, viene commercializzato sia nella tipologia secco che dolce.
Oggi la Vernaccia viene considerata tra le migliori uve delle Marche anche se con una produzione limitata. Anche le aziende che si dedicano alla produzione di questo spumante rosso DOCG sono un numero molto limitato. Si abbina perfettamente alla pasticceria secca, crostate con confettura ai frutti di bosco o qualsiasi altro dolce con salse ai frutti di bosco.

 

OLIO

Olio dell’Umbria

Le caratteristiche del territorio e le condizioni climatiche dell’Umbria consentono la produzione di olio di elevato pregio qualitativo.  Gli oliveti occupano quasi totalmente zone collinari comprese tra i 250 e i 450 metri di quota e sono presenti  numerose varietà di cultivar, tra le quali spiccano le tipologie Moraiolo Frantoio e Leccino.  A livello normativo la Dop “Umbria” prevede cinque sottodenominazioni geografiche: “Colli Assisi-Spoleto”, “Colli Martani”, “Colli Amerini”, “Colli del Trasimeno” e “Colli Orvietani”.

 

Natura

A cavallo tra le quattro regioni la natura esprime il suo lato migliore, con la catena dei Sibillini e quella del Gran Sasso. E lungo gli antichi percorsi dei pastori e dei contadini si possono scoprire  paesi, panorami, paesaggi, flora, fauna, tradizioni folcloristiche e culinarie di grande valore.

PARCO NAZIONALE DEI MONTI SIBILLINI

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini  tutela il massiccio montuoso omonimo estendendosi tra le regioni di Marche  e Umbria, quattro provinceAscoli PicenoFermo, Macerata, Perugia e 16 comuni. Il Parco è crocevia di antichissime tradizioni gastronomiche: la civiltà pastorale  si unisce alla norcineria (lavorazione delle carni suine di cui l’Umbria è capitale indiscussa) e l’agricoltura resiste, con alcune produzioni simbolo, come la lenticchia di Castelluccio.

I Monti Sibillini si ergono nel cuore dell’Italia fino a raggiungere, con il Monte Vettore i 2.476 m. È qui, nel regno della mitica Sibilla, che nel 1993 è nato il Parco Nazionale Monti Sibillini (oltre 70.000 ha) con lo scopo di salvaguardare l’ambiente, promuovere uno sviluppo socio-economico sostenibile e favorire la fruizione ad ogni categoria di persone.  Lupo, aquila reale, falco pellegrino e numerose specie endemiche sono i segni più evidenti di una diversità e di una ricchezza biologica che, unitamente al fascino delle abbazie e dei centri storici medioevali, disseminati a guisa di corona alle falde del gruppo montuoso, hanno contribuito a determinare un mondo antico e suggestivo dove il tempo sembra, ancora oggi, essersi fermato per rendere omaggio a una realtà di così straordinaria bellezza. Un’istituzione non a carattere vincolistico, ma un’occasione reale per il recupero di tutti quei valori che determinano l’identità naturalistica, culturale e storica dei Sibillini,  per garantire uno sviluppo razionale e duraturo dell’area. Ciò nella piena coscienza che questo territorio è frutto di un millenario e attento lavoro, che va apprezzato e valorizzato, d’integrazione fra le forze della natura e quelle dell’uomo e che come tale va tramandato alle future generazioni. Moltissimi sono i sentieri percorribili, tanti dei quali seguono i tracciati dei pastori che dovevano arrivare fino ai pascoli e alle praterie in quota. Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini è “un parco per tutti” ma  anche escursionisti esperti ed esigenti possono avventurarsi verso mete più difficili.

Per scoprire i Sibillini, anche in camper, in moto o in auto, è stata individuata la Grande Via del Parco, un itinerario di oltre 190 km, realizzato su strade esistenti e tutte percorribili in auto, moto e camper per un appagante viaggio di più giorni. È divisa in quattro tappe: da Visso a Fiastra, da Fiastra ad Amandola, da Amandola ad Arquata del Tronto, da Arquata del Tronto a Visso. Alla Grande Via sono connessi altri sei itinerari ad anello individuati in modo di permettere una visita completa dell’intero territorio del parco, per un totale di 450 chilometri.

Il Grande anello dei Sibillini è invece un percorso da fare a piedi o in bici, in quattro o cinque giorni, spostandosi da un rifugio all’altro per un totale di 120 chilometri. Inoltre sono stati individuati 14 itinerari ad anello, ognuno dei quali puo essere realizzato in un giorno,  Tutti consentono di viaggiare lungo strade e sentieri in origine costruiti per i contadini, i muli dei boscaioli, gli scarponi dei pastori e i sandali dei pellegrini.

Questi monti si presentano attraenti anche per chi ama il mistero: da essi e dai loro luoghi nascosti sembrano nascere le leggende della Sibilla nelle sue doppie vesti di profetessa e di seduttrice.

Sui Monti Sibillini si producono salumi straordinari – coppe di testa, lonze e capocolli, salami lardellati, prosciutti – e formaggi altrettanto gustosi – pecorino, ricotte (fresche o stagionate), caprini o misti. Questo territorio incontaminato offre inoltre antiche varieta di mele, eccellenti produzioni di miele, tartufi, funghi (russole, boleti, amanite, finferli), castagne, ceci, cicerchie, trote (allevate nel torrente Nera), farine (di grano, di granoturco e di roveia), pane cotto nel forno a legna, biscotti e, per finire, i due tradizionali fine pasto della zona: il Mistrà e il Vino cotto.

Comuni

  • Provincia di Macerata
    Acquacanina, Bolognola, Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo, Fiastra, Pieve Torina, San Ginesio, Ussita, Valfornace, Visso
  • Provincia di Ascoli Piceno
    Arquata del Tronto, Montegallo, Montemonaco
  • Provincia di Fermo
    Amandola, Montefortino
  • Provincia di Perugia
    Norcia, Preci

PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E DEI MONTI DELLA LAGA

Il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga è un comprensorio istituito nel 1991, terza riserva naturale protetta più grande d’ Italia per estensione territoriale.

Comprende tre regioni (Marche, Abruzzo e Lazio) e 5 province (L‘Aquila,Teramo, Pescara,Ascoli Piceno e Rieti) e 44 comuni, coprendo una superficie di 150.000 ettari e offre un grande numero di itinerari e visite per ogni stagione grazie alla ricchezza dei suoi habitat, dei suoi massicci e grazie a tutte le evidenze storico-architettoniche che presenta. Il parco comprende  tre gruppi montagnosi: la catena del Gran Sasso d’Italia, il massiccio della Laga e i Monti Gemelli. Il Parco è inoltre caratterizzato dalla presenza del più alto picco degli Appennini, il Corno Grande (2.912 metri). In questa catena si trova l’unico ghiacciaio degli Appennini, il Calderone, che è anche il ghiacciaio più a sud d’Europa.

Abitato da millenni, il territorio tutelato oggi dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga reca tracce e testimonianze di eccezionale valore storico-culturale. Un patrimonio ricchissimo e vario, che va dal Neolitico al periodo italico e romano, dal Medioevo al Rinascimento, integrando reperti, siti archeologici, castelli, borghi fortificati, chiese, abbazie, eremi e mulini. Qui i prodigiosi tesori della natura convivono da millenni con un rilevante patrimonio culturale. E borghi antichi, siti archeologici, castelli, santuari, abbazie, chiesette rupestri, eremi e grotte costellano i sorprendenti paesaggi montani del Parco, una natura eccezionalmente ricca di  foreste, sorgenti,  cascate, praterie, altopiani, vertiginose creste e impressionanti pareti rocciose. Ѐ un’immensa risorsa, fatta anche di artigianato, produzioni tipiche, enogastronomia e folklore, da tutelare e valorizzare.
Il Parco è un giacimento di produzioni enogastronomiche locali antiche e peculiari, legate alla storia dell’uomo in ambienti incontaminati e sovente inospitali. Tali produzioni costituiscono oggi le materie prime d’eccellenza di una gastronomia che ha mantenuto gelosamente un rapporto autentico e vitale con il territorio. Essa racconta, distretto per distretto, storie di agricoltura e pastorizia di montagna, di sano ed intelligente utilizzo dei frutti offerti dalla natura, del bosco, del sottobosco e dei prati, tramandate con cura e passione fino ad oggi.

Sono stati individuati itinerari da percorrere a piedi, a cavallo, in bici e in auto. Oltre ai sentieri d’alta quota che conducono verso il Corno Grande (altopiano di campo Imperatore), il Monte Gorzano e le cime più elevate, percorribili in sicurezza solo d’estate, nel Parco è possibile fare l’esperienza di escursioni di vario livello e difficoltà. Si possono percorrere centinaia di sentieri segnati, realizzati con il contributo del Club Alpino Italiano, che includono anche itinerari di ampio respiro, come l’Ippovia del Gran Sasso ed il Sentiero Italia. Si offrono inoltre passeggiate panoramiche, camminate pedemontane tra borghi medievali e uliveti e numerosi itinerari tematici che conducono a eremi, mulini ad acqua, cascate, sorgenti, castelli e necropoli e luoghi di produzioni enogastronomiche. Molti di questi percorsi sono possibili solo in primavera e in autunno, mentre alcuni possono essere affrontati anche d’inverno, quando la presenza della neve richiede tuttavia di calzare i ramponi o gli sci.

Comuni

Parco Regionale Colfiorito

Antica armonia tra attività agricole e ambiente naturale, che si svela tra ampi altipiani dalle dolci ondulazioni in cui si alternano ambienti umidi, boschi, pascoli e campi coltivati. I Piani di Colfiorito o altopiani Plestini sono costituiti da sette conche carsiche, occupate in epoche lontane da laghi. La Palude di Colfiorito è attualmente l’unica zona degli altopiani dove l’acqua permane tutto l’anno, subendo solo oscillazioni stagionali di livello. Gli altri piani vengono allagati temporaneamente solo a seguito delle piogge. La palude è punto di riferimento per un gran numero di uccelli che qui nidificano. Per questo nel 1995 la Regione Umbria ha deciso di proteggerla con l’istituzione di un Parco regionale. È inserita nella Convenzione Ramsar che ne sottolinea l’importanza internazionale per gli aspetti naturalistici ed è individuata come Zona Speciale di Conservazione (ZSC) dalla Comunità Europea per l’importanza della comunità di uccelli presente.

Il comprensorio comprende nove comuni, in provincia di Perugia:

Foligno, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Montefalco, Nocera Umbra, Sellano,Spello, Trevi,Valtopina.

La Via Salaria

Storia, natura e gastronomia

La Via Salaria è una delle vie consolari costruite dagli antichi romani: va da Roma a Porto D’Ascoli  sul Mare Adriatico; oggi è classificata come strada statale dal nome SS 4.

Il suo nome, a differenza di tutte le altre consolari che sono denominate per l’artefice della loro costruzione, deriva dall’essenziale utilizzo che se ne faceva: il trasporto del sale dai luoghi di produzione sul mare verso l’interno. Sul versante tirrenico, il sale veniva prodotto principalmente alla foce del Tevere, presso il Campus salinarum (saline) di  Fiumicino e Maccarese. Da un tracciato di età protostorica, attraverso la sistemazione organica in epoca augustea, la strada giunge a noi, sviluppandosi per 226 km. La strada moderna si discosta solo in parte dalla romana che si avvaleva di opere edilizie come ponti, viadotti, terrazzamenti, muraglie. Le valli principali  lungo cui la strada si snoda sono quella del Velino (versante tirrenico) e quella del Tronto (versante adriatico)

Percorrendo questa strada si potrà quindi attraversare il centro Italia per conoscerne luoghi e ambienti a volte dimenticati e che invece sono la vera Italia.

 

Rieti

Rieti (405 metri ) sorge in bella posizione lungo il fiume Velino, all’interno della conca reatina, sotto la grande mole del Terminillo. Ritenuta dagli autori dell’età classica il centro geografico d’Italia (Umbilicus Italiae) Rieti fu fondata all’inizio dell’età del ferro e divenne poi città della Sabina. Attraversata dalla via Salaria (importante collegamento tra Roma e l’Adriatico) sorgeva in posizione strategica e questo ne determinò la rapida crescita. Ben presto però i Sabini dovettero cedere il passo ai Romani, che dominarono la città, portando peraltro a termine opere importanti come la bonifica del Lacus Velinus.  Il suo sviluppo continuò fino al medioevo quando divenne libero comune e città dei Papi. Del periodo medievale conserva l’impianto urbanistico  del centro storico e i monumenti di maggior valore, tra cui il Duomo e il Palazzo vescovile insieme con il tratto residuo della cinta muraria, tra le meglio conservate del Lazio.

Cittaducale

Cittaducale (481 metri) fu fondata nel 1308 da re Carlo II d’Angiò, è appartenuta all’Abruzzo e alla provincia dell’Aquila per più di sei secoli, fino al passaggio nel Lazio avvenuto nel 1927. Ospita la Scuola nazionale per la formazione del Corpo forestale dello Stato, ora dei Carabinieri Forestali. Ricostruita in parte dopo il terremoto del 1703, la cittadina conserva però quasi intatto il suo carattere urbanistico basso-medioevale, con pianta ellittica modellata su quella del tradizionale Castrum Romanum: due strade perpendicolari che si incrociano dando luogo alla piazza centrale, chiamata Piazza del Popolo, attorno alla quale sono situati i principali edifici pubblici. Con le sue torri domina sulla valle del sottostante Velino e offre una bella vista sui monti circostanti tra cui il Terminillo (2.216 metri)

Le sorgenti del Peschiera. All’interno del territorio comunale  si trovano le importanti sorgenti del Peschiera, le seconde in Italia per portata. L’acqua che ne sgorga confluisce in parte nel fiume Velino, e in parte nell’acquedotto del Peschiera, un’ardita opera di ingegneria idraulica, che la trasporta per 90 km fino a Roma, garantendo la quasi totalità dell’acqua necessaria alla capitale d’Italia.

Le terme di Vespasiano. Le antiche terme, ancora visibili nel territorio del comune di Cittaducale (località Caporio-Cesoni), sfruttavano sorgenti d’acqua le cui proprietà curative erano conosciute anche prima del periodo romano. In particolare si ricorda l’effetto terapeutico delle acque ghiacciate di Cotilia utilizzate sia per bere che per i bagni. Erano frequentate dall’imperatore Vespasiano che qui morì nel 79 d.C. Sono visibili lunghi tratti di muri in opus incertum, un vascone centrale, camere, un corridoio che conduce ad un nunfeo con fontane.

Antrodoco

Antrodoco, il cui nome significa “tra i monti”, è attraversato dal fiume Velino ed è circondato da tre gruppi montuosi: a nord-est si erge il Monte Giano (1820 m), a sud il Monte Nuria (1888 m) mentre a nord la Valle del Velino è sovrastata dal Monte Elefante (2089 m), facente parte del massiccio del monte Terminillo. Ad ovest invece la valle si allarga formando, superato Borgo Velino, la Piana di San Vittorino. Centro originariamente agricolo, è oggi una località di vileggiatura estiva e sede di una piccola stazione termale che utilizza due sorgenti di acqua sulfurea fredda usata per bagni e per bere, per curare malattie della pelle e dell’intestino.

Il paese è famoso per la sua tradizione pasticcera nella quale spiccano i “ciambelletti della sposa”, piccoli dolci simili ai taralli ricoperti di una glassa a base di albume; i ciambelletti al vino, con anice; la copeta, sfoglie composte di miele, noci e nocciole tritate e aromatizzate da foglie di alloro; le tisichelle, biscotti simili ai cantucci toscani; la pizza di cacao, una torta soffice; i pizzicotti, biscotti dalla forma irregolare con frutta secca e cioccolato. Antrodoco è anche famosa per il marrone antrodocano, una castagna Igp particolarmente pregiata raccolta nei boschi secolari della valle del Velino, usata per fare i marron glacè e protagonista dell’omonima sagra autunnale.

Le gole del Velino

Le gole del Velino (o di Sigillo), in provincia di Rieti – comuni di Antrodoco, Micigliano e Posta, sono nate dallo scorrere del fiume Velino. Comprese tra i siti di interesse comunitario del Lazio, sono state definite dal Touring Club italiano “forse la gola più selvaggia e suggestiva di tutto l’ Appennino.

Le gole si allungano per 14 chilometri, tra pareti a precipizio e ambienti interessati da fenomeni carsici e numerose grotte. Oggi la SS 4 Via Salaria attraversa le gole con un viadotto. Già in epoca romana erano attraversate dalla Via Salaria, il cui passaggio ha lasciato profonde tracce nell’ambiente e ancora oggi sono visibili gli impegnativi interventi ingegneristici che in epoca antica furono portati avanti per facilitare il corso della strada. 

Amatrice

Amatrice (955 metri) è edificata sullo sperone roccioso che sovrasta la confluenza tra il fiume Tronto e il Castellano. L’impianto urbanistico della cittadina può essere collocato precedentemente all’epoca rinascimentale, visto il disegno della pianta che si snoda su sette strade parallele curvilinee (caratteristica medievale) orientate lungo un asse est-ovest. La via principale più ampia è l’attuale Corso Umberto I,  intersecata a croce da altre due strade. Non mancano altri accenni medievali in alcune chiese e tratti dell’abitato: prima fra tutti la monumentale torre civica che pur subendo nel tempo lavori successivi di innalzamento (1675) e consolidamento nei secoli successivi, è già menzionata nel 1293.

È patria del pittore e architetto Nicola Filotesio, detto Cola dell’Amatrice che ne avrebbe anche disegnato il centro storico. Il pittore fu molto operoso ad Ascoli Piceno ed in Abruzzo.

 

L’amatriciana. La tradizione gastronomica di Amatrice si fonda prevalentemente sul suo piatto simbolo: una ricetta dalle origini contadine a base di guanciale amatriciano e formaggio pecorino. Identificata ormai come primo piatto tipico anche della cucina romana e, in generale, laziale, è fra i piatti italiani più conosciuti e cucinati in assoluto. Il sugo veniva preparato dai pastori con gli ingredienti a loro disposizione sulle montagne quando seguivano le greggi nel periodo della transumanza. Usavano guanciale e pecorino, due ingredienti  prodotti dagli allevatori di Amatrice, quindi originariamente l’Amatriciana era bianca. Solo successivamente fu aggiunto il pomodoro. La diffusione su scala nazionale del sugo all’amatriciana si ebbe nell’Ottocento quando molti amatriciani emigrarono a Roma a causa della crisi della pastorizia e, trovando occupazione nella ristorazione, fecero conoscere il piatto dei loro avi. Il primo storico ristorante amatriciano di Roma risale al 1860 e si chiamava Il Passetto, poiché attraverso il ristorante si poteva passare dal Vicolo del Passetto a Piazza Navona.

Conca amatriciana. Entrando nella vallata del Tronto si incontra la conca amatriciana, sovrastata ad est e a sud est dai Monti della Laga e disseminata di piccoli abitati molto vicini tra loro. La conca deve essere stata frequentata sin dall’età protostorica e ed è stata abitata continuativamente dall’epoca romana  visto che era attraversata dalla Via salaria. All’epoca romana infatti risalgono resti di edifici e tombe rinvenute in diverse zone del territorio. Nella parte più depressa della conca si trova il lago artificiale dello Scanderello, nato dallo sbarramento del fiume Scanderello, affluente del Tronto

 

 

Accumuli

Il territorio del Comune di Accumoli (650/1800 metri), piccola cittadina della Provincia di Rieti che copre una superficie montana di Kmq 86,89, dal punto naturalistico, è tra i più rappresentativi e significativi dell’intero Appennino. Tutta l’area è inserita nel perimetro del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, confina con il Parco Nazionale dei Sibillini ed è luogo dove la Comunità Europea ha individuato ben quattro siti di importanza strategica per la conservazione delle biodiversità. Attraversato dalla via consolare Salaria confina con le regioni Umbria, Marche ed Abruzzo e con il Comune di Amatrice.

Oasi WWF Lago Secco. Questa oasi WWF, di rilevante importanza a livello naturalistico, è un Sito d’Importanza Comunitaria  e Zona di Protezione Speciale. L’area, di 15 ettari, è uno specchio d’acqua salvato dal WWF dove  sopravvivono specie animali e vegetali relitte dall’epoca delle glaciazioni quaternarie. All’interno dell’area  si trovano numerosi percorsi naturalistici, tra cui il Sentiero Italia; aree attrezzate; strutture ricettive; percorsi da sci da fondo invernale, e laghetti per la pesca sportiva.


Arquata del Tronto

Arquata del Tronto (580/2.476 metri) è l’unico comune d’ Europa compreso all’interno di due  aree naturali protette: il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga a sud e il Parco Nazionale dei Monti Sbillini a nord. Confina con tre regioni (Lazio, Umbria e Abruzzo) ed è noto per la  rocca medievale che sovrasta l’abitato. Il territorio è prevalentemente montuoso, ed è caratterizzato da pareti scoscese alternate a fitti boschi di castagno, faggio e conifere; da pendii e ampie balconate naturali, verdi campi e pascoli.

Questa è l’area del cosiddetto “versante magico” dei Sibillini, conosciuto per le sue leggende e storie fantastiche e animato da presenze misteriose. Su queste montagne vi erano gli antichi sentieri che conducevano alla Grotta della Sibilla, profetessa appenninica, e al Lago di Pilato, dove si crede sia sprofondato il carro condotto dai buoi che trasportava il corpo di Ponzio Pilato.

 

 

Acquasanta Terme

Acquasanta Terme (411 metri) si trova a 19 km di distanza da Ascoli Piceno, che si raggiunge continuando lungo la Via Salaria.  Dopo Ascoli, possiede il territorio più esteso della provincia, in gran parte montuoso e costellato di frazioni.

Acquasanta Terme sorge nell’alta valle del fiume Tronto, incastonata fra i Sibillini a nord e  i Monti della Laga a sud,   ed è circondata da boschi di castagni plurisecolari, querce, faggi  e abeti bianchi. Le montagne circostanti si raggiungono agevolmente attraverso  numerose escursioni a piedi.

Terme. Come suggerisce il nome, Acquasanta possiede sorgenti sulfuree intorno alle quali sorgono stabilimenti termali con vasche naturali libere alimentate da acqua calda. Una di queste vasche riceve una quantità notevolissima di acqua  e viene utilizzata come vasca natatoria. Le proprietà curative sono moltissime. Queste acque termali erano note fin dall’antichità per le loro proprietà curative: il luogo in epoca romana veniva chiamata Vicus ad Aquas.

 

 

Ascoli Piceno

Ascoli Piceno (154 metri) si trova su un terrazzo alluvionale, ai limiti dell’Appennino e a 25 chilometri dal mare Adriatico.  Città di origine picena, divenuta poi la romana Asculum, presenta oggi un impianto medievale,  basato su quello di epoca romana,  arricchitosi nei secoli di edifici civili e religiosi di  stile romanico,  rinascimentale e  barocco.

Il suo centro storico, il più esteso delle Marche, è costruito quasi interamente in travertino, una roccia sedimentaria calcarea estratta dalle cave del territorio, ed è tra i più ammirati della regione e del Centro Italia, in virtù della sua ricchezza artistica e architettonica. Conserva diverse torri gentilizie e campanarie e per questo è chiamata la Città delle cento torri. La rinascimentale Piazza del Popolo è considerata tra le più belle piazze d’Italia: qui si trovano alcuni degli edifici più importanti tra i quali il Palazzo dei Capitani, lo storico Caffè Meletti e la Chiesa di San Francesco.  Piazza Arringo è invece la piazza più antica di Ascoli sulla quale si affacciano il medioevale Battistero di San Giovanni, la Cattedrale di Sant’Emidio con la sua cripta;  il Palazzo Vescovile e il  Palazzo dell’Arengo, sede della Pinacoteca civica.

Arte pittorica ascolana. Con l’arrivo dal Veneto di Carlo Crivelli (XV secolo) nacque un movimento artistico che poi interessò quasi tutta la regione Marche con i seguaci di Carlo: Vittore Crivelli, Pietro Alemanno e specialmente Cola dell’Amatrice (Nicola Filotesio) artista e architetto di talento, che da crivellesco divenne poi seguace di Signorelli e di Michelangelo, lasciando ad Ascoli numerose tracce architettniche di carattere rinascimentale. Opere di Carlo Crivelli si trovano opere nella Pinacoteca civica, nella Cattedrale di Sant’Emidio e nel Museo diocesano.

La Quintana. Ogni anno, dal 1955, si svolge la celebre Quintana, torneo cavalleresco che si disputa nel periodo estivo, in due tempi. Ogni torneo è  preceduto e seguito da affascinanti cortei con circa millequattrocento figuranti con costumi d’epoca. La manifestazione è basata su antichi statuti che risalgono a XIV secolo.

Olive all’ascolana. La città è anche conosciuta per questa famosa specialità gastronomica nata ad Ascoli Piceno e conosciuta ed apprezzata nel territorio italiano e anche all’estero. Le olive verdi in salamoia, farcite con un composto tenero a base di carne. vengono generalmente servite a tavola assieme ad altri prodotti fritti. La nascita della ricetta delle olive all’ascolana ripiene e fritte risale all’anno 1800. Secondo alcune ricerche storiche, al tempo, i cuochi che prestavano servizio presso le famiglie della locale nobiltà inventarono il ripieno delle olive per consumare le notevoli quantità e varietà di carni, provenienti dalle terre di proprietà, che avevano a disposizione.

Anisetta Meletti. Il liquore, assolutamente naturale, deriva dalla distillazione in alambicco discontinuo di semi di anice e altre spezie aromatiche che esaltano la freschezza dell’anice verde mediterraneo ed è prodotto secondo l’originale ricetta creata nel lontano 1870 dal Cav. Silvio Meletti. La famiglia Meletti custodisce ancora oggi la ricetta originale di questa tipica specialità marchigiana di rinomanza mondiale

La Valnerina

La Valnerina è la valle del fiume Nera, che nasce dai Monti Sibillini nelle Marche, attraversa una zona montuosa nell’Umbria sud-orientale, per poi raggiungere Terni e di lì sfociare nel Tevere presso Orte. Si divide tra le province di Terni, Rieti,Perugia e Macerata.

La valle si caratterizza per il suo carattere montuoso e per il fatto di essere stretta e tortuosa, per la sua vegetazione e per i suoi punti suggestivi.

L’economia è basata sull’agricoltura, la tradizionale pastorizia, la raccolta di tartufi, l’allevamento dellatrota e la produzione di salumi; ilNera inoltre rappresenta una grande attrattiva per coloro che praticano sport fluviali.

 

Vallo di Nera

Di origine romana, l’antico nome era Castrum Valli o Castrum Vallis che poteva significare sia “castello della valle” sia “castello del vallo”, ossia luogo fortificato (vallum). Il riferimento al fiume Nera è stato aggiunto dopo l’Unità d’Italia. Vallo di Nera emerge dai boschi con le sue case compatte di pietra chiara, straordinariamente conservato. Le mura possenti e le antiche torri circondano le case in pietra che sono addossate le une alle altre e interrotte solo da ripide viuzze, da archi e sottopassaggi. Due porte simmetriche, Portella e Portaranne, permettono l’accesso al paese che presenta ancora, come nel medioevo, feritoie, mensoloni, passaggi stretti, vicoli scuri e serrati e portali in pietra.Dal borgo si sviluppa una fitta rete di sentieri a quote diverse da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo. 

Spoleto

Una breve deviazione conduce a Spoleto, ricca di edifici importanti, testimonianza delle più diverse epoche storiche che la videro protagonista. Pur mostrando anche nel tessuto urbanistico evidenti influssi di epoca romana, mantiene sostanzialmente intatto un aspetto antico medioevale, dovuto al periodo in cui fu prima fiorente Ducato longobardo, e poi importante centro dello Stato pontificio. Dal 25 giugno 2011 fa parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO, insieme ad altre sei importanti testimonianze monumentali italiane di epoca longobarda. Di notevole valore la Piazza del Duomo, la Cattedrale stessa dedicata all’Assunta, il Ponte delle Torri o ponte-acquedotto, la Rocca albornoziana. Dopo l’Unità d’Italia, con Perugia che divenne capoluogo di provincia, la città perse il suo ruolo di centro amministrativo, ma riusci a risollevarsi grazie a varie manifestazioni culturali tra cui spicca il Festival dei due Mondi, nato nel 1958. Grazie a tanti eventi (prosa, danza, concerti, mostre e cinema, la città si è conquistata un ruolo di importanza internazionale nel mondo artistico e culturale e le attività connesse hanno assunto un ruolo primario nell’economia locale.

Ferentillo

La Valnerina, che fino ai pressi di Ferentillo ha prevalentemente l’aspetto di una gola, qui cambia conformazione e diviene una valle, con una maggiore estensione delle superfici pianeggianti.

Le origini del paese risalgono all’VIII secolo e la sua storia è legata a quella dell’Abbazia di San Pietro in Valle, a difesa della quale, nel 1200, furono eretti due castelli attorno ai quali si svilupparono due distinti insediamenti: Matterella e Precetto divisi dal fiume Nera. L’Abbazia di San Pietro in Valle, a poca distanza da Ferentillo, è la testimonianza più importante del Ducato di Spoleto ed una delle più interessanti di tutto il Medioevo. All’interno conserva un cippo votivo, frammenti scultorei e architettonici anche romani, vari sarcofagi romani e medievali. Alla chiesa è annesso un magnifico chiostro a due ordini del XII secolo. Famoso è anche il Cimitero-Museo delle Mummie ,nella cripta della chiesa di Santo Stefano.

Arrone

Alla fine del X secolo il nobile romano Arrone si impossessò di uno dei promontori rocciosi che si ergevano sulla attuale Valnerina e fece costruire un castello fortificato, primo nucleo del paese, che da lui prese il nome. Diviso in due nuclei, la parte più alta dell’abitato, detta “La Terra”, ha conservato quasi intatta la struttura urbana dell’antico borgo fortificato medioevale, mentre la parte di Santa Maria si è sviluppata fuori dal nucleo storico.

Da Ferentillo alle Cascate delle Marmore si sviluppa il Parco fluviale del Nera, di tutela regionale, è la meta ideale per gli amanti dl turismo sportivo, con possibilità di praticare sport vari,  fra cui l’arrampicata, che fa di Ferentillo una delle palestre naturali più importanti e frequentate d’Italia e d’Europa grazie ad un’importante scuola di roccia. Il fiume Nera, inoltre, oltre alla pesca sportiva alla trota, consente anche delle spettacolari discese sia in canoa che con canotti da rafting.

La Cascata delle Marmore, realizzata artificialmente, rappresenta uno spettacolo affascinante, già descritto in epoca romana e celebrato dai viaggiatori del “Grand Tour”. La cascata è formata dal precipitare delle acque del Velino nel Nera, con un dislivello di 165 metri.

Le Marche e la Valnerina

Arte e natura

Questo itinerario può iniziare da due direzioni diverse (Fabriano o Cingoli) per ritrovarsi a Visso e percorrere la Valnerina. Si passa quindi da paesaggi collinari morbidi tra la Provincia di Ancona e quella di Macerata alla Valnerina, un’antica via di comunicazione tra Visso a Terni, tra Mare Adriatico e Mar Tirreno, che si presenta con piani di fondovalle stretti e profondi delimitati da versanti ripidi.

 

PERCORSO A

Fabriano

Fabriano (325 metri). Città di origini antichissime, ha il suo centro storico molto ben conservato ed è circondata da un paesaggio verde e naturalisticamente splendido. In passato la piccola città d’arte è stata un importante crocevia culturale in quanto nel XIII/XIV secolo, complice anche la floridezza economica diffusasi grazie al commercio della carta, si svilupparono cantieri architettonici e pittorici che cambiarono il volto di Fabriano dando origine alla cosiddetta “scuola fabrianese” improntata ai modi colti e raffinati del gotico cortese, di cui i principali esponenti sono Allegretto Nuzi  e Gentile da Fabriano. Di notevole importanza il Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano che, ospitato all’interno dell’ex convento dei padri domenicani, tramanda la secolare tradizione della produzione della carta.

A pochi chilometri si trovano le Grotte di Frasassi, uno dei complessi carsici più interessanti d’Italia.

Matelica

Matelica (354 m) si trova in un’ampia vallata, tra la confluenza del Fosso di Braccano con l’Esino. Centro di origine picena di cui sono stati rinvenute numerose necropoli nel territorio comunale, diventa municipium romano nel I secolo d.C.. Fu un importante centro di produzione e di lavorazione dei panni lana. Nell’immediato dopoguerra si sono sviluppate molte attività industriali (in particolare metalmeccaniche). Il suo territorio, per la posizione e per il suo clima, è rinomato per la produzione del Verdicchio, vino bianco doc, che si presta a tante tipologie di pasti.

Castelraimondo

Castelraimondo si trova al centro di un importante snodo stradale tra Camerino, San Severino Marche e Matelica. Il paese è dominato dal Cassero, struttura difensiva del XIV secolo, che è quanto resta di una fortezza militare voluta dai Da Varano, signori di Camerino. Nei pressi del paese si trovano  altre due fortificazioni facenti parti dello stesso sistema difensivo: il Castello di Lanciano  e la Rocca d’Ajello.

Camerino

Camerino domina dalla sommità del colle la grande conca “camertina” delimitata a sud-est dal massiccio dei Sibillini. Questa posizione dominante ha consentito alla città, nel corso dei secoli, di godere di un notevole sviluppo politico, economico e culturale. Di antica origine umbra poi municipio romano, Camerino (670 metri) è sede vescovile già nel 465. Raggiunge, insieme al suo territorio, il massimo splendore con la Signoria dei Da Varano che governò dalla seconda metà del XIII secolo fino alla metà del XVI. La città ha dato vita alla più significativa scuola pittorica delle Marche ed è sede dal 1377 di una delle più prestigiose Università italiane che nel dopoguerra ha contribuito a ridare slancio ad una cittadina che aveva in parte perso la sua centralità politico culturale. Il Comune è dal 2009 Bandiera Arancione del TCI.

Visso

Nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Visso colpisce per l’eccezionale ambiente naturale e per il fascino del suo elegante abitato di impianto medievale, protetto da mura e porte fortificate, e arricchitosi poi di case medievali e palazzetti rinascimentali in pietra. Le valli che circondano la città hanno visto la presenza dell’uomo fin dalla preistoria e già dall’antichità ha avuto un ruolo importantissimo negli scambi economici e sociali per la sua posizione strategica sulla via di collegamento tra Camerino e Foligno e quindi Roma.

A Visso si trova la sede del Parco Nazionale dei Monti Sibillini istituito nel 1993 con lo scopo di salvaguardare l’ambiente, in tutti i suoi aspetti, e di favorire nell’area uno sviluppo socio-economico sostenibile. Comprende un territorio di 70.000 ettari, tra le Province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno e la Provincia di Perugia, e la catena dei Monti Sibillini caratterizzata da pareti scoscese e ripide, da gole profonde e ampi altipiani carsici, d’inverno ricoperti di neve e in estate di suggestive fioriture. La vetta più alta è il Monte Vettore con i suoi 2476 metri.

Visso è famosa anche per i suoi prodotti gastronomici: un eccezionale formaggio pecorino prodotto con latte locale, il ciauscolo un insaccato preparato con una speciale lavorazione del maiale, la cui carne viene macinata e arricchita di aromi. E altri prodotti tra cui la lenticchia e il farro dei Monti Sibillini, il castrato di montagna, i piatti preparati con la trota del fiume Nera e soprattutto il pregiato tartufo nero.

 

 

PERCORSO B

Cingoli

Immersa in una delle zone floristicamente più belle e ricche del paesaggio marchigiano, Cingoli sorge in posizione panoramica a 630 metri, sul lato orientale del gruppo montuoso che si staglia sull’alta valle del Musone.

La posizione di Cingoli con le sue superbe vedute panoramiche ha con il tempo permesso alla città di guadagnarsi l’appellativo di “Balcone delle Marche”.

L’abitato, la cui salubrità climatica è proverbiale, si inserisce armonicamente in un paesaggio dove l’opera dell’uomo e quella della natura si sono perfettamente integrate valorizzandosi a vicenda.

Cingoli si caratterizza per la nobiltà, la complessa profondità e la gloria di un passato che ancor oggi è percepibile nelle ombre lunghe che alla sera gli antichi eleganti palazzi proiettano sulle piazze e sulle vie.

 

San Severino Marche

San Severino Marche è probabilmente sorta in seguito alla distruzione dell’antica città romana di Septempeda di cui rimangono resti in località Pieve. L’area del Castello al Monte, con il Duomo Vecchio, la Torre degli Smeducci, simbolo della Signoria che dominò San Severino Marche fino al 1426, domina tutta la città e offre un notevolissimo panorama sul territorio. Risulta abitata fin dal 944, mentre dal XIV secolo gli abitanti si spinsero a valle per esigenze sociali ed economiche costruendo il nuovo borgo tardo-medievale che si sviluppò intorno all’ampia ed armoniosa Platea Mercati, oggi Piazza del Popolo.

Pollenza

Pollenza (344 metri) mantiene ancora le sue mura medievali che ne testimoniano le origini, ma esisteva una Pollentia romana di cui recentemente sono state rinvenute tracce importanti più a valle del centro storico. È conosciuta per le sue attività di artigianato artistico, che durano da cinquecento anni, prima con la ceramica e la maiolica e infine con il legno e il restauro del mobile antico. A luglio di ogni anno viene organizzata la mostra di “circostante.Antiquariato – Restauro – Artigianato Artistico” con esposizioni nelle botteghe e nei locali del centro storico e spettacoli ed eventi culturali.

Treia

Treia, a 342 metri, ha il suo centro storico molto ben conservato; ha una struttura allungata che si sviluppa su una cresta di banchi di arenaria lungo la quale corre un asse stradale principale, dalla quale si diramano verso il basso vie strette e brevi. Fondata nel medioevo, era chiamata Montecchio. Nel 1790 fu ripristinato il nome di Treia, derivato dall’antico Trea, nome di un centro romano, distrutto in epoca barbarica, che era situato più in basso rispetto all’insediamento attuale, nei pressi della chiesa del Santissimo Crocifisso.

Tolentino

Tolentino (228 metri), città d’arte tra le più note e frequentate delle Marche, si trova in posizione strategica lungo la valle del Chienti. Fu insediamento piceno e poi città romana; nel medioevo,  come libero comune, raggiunse una notevole importanza grazie alle attività commerciali e manifatturiere. Nel 1797 ospito Napoleone Bonaparte per la firma del Trattato di Tolentino. Tolentino è sede del Museo della Caricatura e dell’Umorismo, che promuove la Biennale dell’Umorismo nell’Arte, manifestazione internazionale a cui partecipano artisti e vignettisti satirici da tutto il mondo; centro di grande interesse religioso ed artistico è la Basilica di San Nicola da Tolentino e il Cappellone con il suo ciclo di affreschi trecenteschi di scuola giottesca relativi alla vita di San Nicola. Tolentino inoltre ancora oggi basa la sua economia sull’industria manifatturiera in particolare la lavorazione della pelli (Poltrona Frau).

 

Camerino

Camerino domina dalla sommità del colle la grande conca “camertina” delimitata a sud-est dal massiccio dei Sibillini. Di antica origine umbra poi municipio romano, Camerino (670 metri) è sede vescovile già nel 465. Raggiunge, insieme al suo territorio, il massimo splendore con la Signoria dei Da Varano che governò dalla seconda metà del XIII secolo fino alla metà del XVI. La città ha dato vita alla più significativa scuola pittorica delle Marche ed è sede dal Medioevo di una delle più prestigiose Università italiane. Il Comune è dal 2009 Bandiera Arancione del TCI.

Visso

Nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Visso colpisce per l’eccezionale ambiente naturale e per il fascino del suo elegante abitato di impianto medievale, ancora protetto da mura e porte fortificate, e arricchitosi poi di case medievali e palazzetti rinascimentali in pietra. Le valli che circondano la città hanno visto la presenza dell’uomo fin dalla preistoria; e già dall’antichità ha avuto un ruolo importantissimo negli scambi economici e sociali per la sua posizione strategica sulla via di collegamento tra Camerino e Foligno e quindi Roma. A Visso si trova la sede del Parco Nazionale dei Monti Sibillini istituito nel 1993 con lo scopo di salvaguardare l’ambiente, in tutti i suoi aspetti, e di favorire nell’area uno sviluppo socio-economico sostenibile. Comprende un territorio di 70.000 ettari, tra le Province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno e la Provincia di Perugia, e la catena dei Monti Sibillini caratterizzata da pareti scoscese e ripide, da gole profonde e ampi altipiani carsici, d’inverno ricoperti di neve e in estate di suggestive fioriture. La vetta più alta è il Monte Vettore con i suoi 2476 metri.